Inutile girarci intorno. Che giorno è oggi? Oggi è il 28 gennaio, San Tommaso d’Aquino. Evviva! E per allietarci vi propongo un brano dalle Quaestiones disputate De Malo, ovvero da I vizi capitali, Bur, 2001. Il brano riguarda la superbia, il primo di tutti i vizi capitali.
Risposta
Per la perspicua chiarezza della questione bisogna vedere che cosa sia il peccato di superbia, affinché così, in seguito, si possa vedere se sia un peccato specifico.
È dunque da considerare che ogni peccato si fonda su qualche appetito naturale; e poiché l’uomo con qualsiasi naturale appetito tende alla somiglianza divina, in quanto ogni bene naturalmente desiderato è una certa somiglianza della bontà di Dio (…). Ma poiché alla ragione spetta dirigere l’appetito, e specialmente in quanto è informata dalla legge di Dio, perciò nel caso che l’appetito si rivolga a qualche bene naturalmente desiderato secondo la regola della ragione, sarà un appetito retto e virtuoso; nell’eventualità invece che trasgredisca la regola della ragione o che sia manchevole per difetto rispetto a essa, sarà peccato in entrambi i casi. In questo modo il desiderio di sapere è naturale per l’uomo: onde nel caso che tenda alla scienza secondo quanto detta la ragione, sarà virtuoso e lodevole; nel caso, nivee, che qualcuno trasgredisca la regola della ragione, sarà peccato di curiosità; nel caso, poi, che sia manchevole per difetto rispetto a quella regola, sarà peccato di negligenza. D’altra parte, tra le altre cose che l’uomo naturalmente desidera, una è l’eccellenza. È infatti naturale, non solo per l’uomo, ma anche per ogni realtà, desiderare la perfezione nel bene bramato, cosa che consiste in una certa eccellenza.
Perciò, se l’appetito tende all’eccellenza secondo la regola della ragione divinamente informata, sarà un appetito retto e appartenente alla magnanimità secondo quel passo dell’Apostolo (II Cor X, 13) (…). Ora nel caso che qualcuno manchi per difetto a questa norma incorrerà nel vizio di pusillanimità; nel caso invece che ecceda, ci sarà il vizio della superbia, come indica lo stesso nome; infatti insuperbirsi non è niente altro che andare oltre la propria misura nel desiderio di superiorità. Onde Agostino dice, nel XIV libro de La città di Dio (c. 13), che la superbia è “un desiderio di un’eccellenza perversa”. E poiché la misura non è la medesima per tutti, perciò accade che a uno non viene imputata come superbia qualche cosa che a un altro sarebbe imputata; come a un vescovo non è messo in conto a superbia se fa valere ciò che è pertinente alla propria eccellenza, mentre ciò sarebbe imputato a superbia a un semplice sacerdote, se si provasse nelle prerogative del vescovo.
Se, dunque, l’eccellenza ha la forma propria di un certo determinato bene desiderabile, benchè materialmente di trovi in molti comportamenti, è chiaro che la superbia è un peccato specifico.